Che strano rapporto abbiamo noi esseri umani con la conoscenza!

Pensiamo a qualsiasi nostra azione, semplice o complessa: dovremmo renderci conto che non possiamo isolarla da un nucleo di conoscenza, piccolo o grande che sia. Sarebbe interessante pensare a una qualunque nostra azione e fare un piccolo sforzo: provare a elencare tutte le conoscenze alle quali essa è associata. Ci accorgeremmo che non può esserci agire senza conoscere.

Questa consapevolezza però non sembra così diffusa, anzi. Spesso la conoscenza viene svalutata, percepita come un inutile orpello, guardata con sospetto, quasi fosse una zavorra di cui disfarsi per liberare le nostre potenzialità, agire compiutamente, realizzare una vita piena e più appagante. Forse questa è la più grande contraddizione dell’essere umano: aspirare a un agire che rinneghi la fatica della conoscenza.

Spesso guardiamo all’esperienza e alla pratica come alternative alla conoscenza illudendoci che siano più rapide ed efficaci per potenziare le nostre capacità di azione. Trascuriamo, però, che il tipo di esperienze e di pratica che possiamo fare noi, nel XXI secolo nelle moderne società occidentali, sono diverse dalle esperienze e pratiche accessibili agli esseri umani che oggi vivono in altre aree del mondo o che hanno vissuto secoli addietro.

Quali fattori rendono diverse le esperienze realizzabili nelle diverse aree del mondo e nelle diverse epoche storiche? Le coordinate geografiche? Lo scorrere del tempo?

Sembrerà una constatazione banale, ma forse ciò che rende differenti queste esperienze è il nucleo di conoscenze incorporate nelle società in cui si realizzano; quindi, ciò che rende differenti le società nelle diverse epoche storiche e alle diverse coordinate geografiche è la fatica di chi si è impegnato nella conoscenza.

L’esperienza e la pratica consentono apparentemente di acquisire conoscenze con minore fatica, ma in realtà limitano la quantità di conoscenza acquisibile, la capacità di elaborarla e la possibilità di farla progredire. Esperienza e pratica sono spesso un modo per godere dello spettacolo della conoscenza senza esserne attori. Servono entrambi i ruoli, quello di attore e quello di spettatore? Forse. Ma il campo della conoscenza è così vasto che si può essere contestualmente attori nel proprio campo e spettatori negli altri campi; e in questo caso si è spettatori più consapevoli e rispettosi.

Non illudiamoci che esistano delle scorciatoie. Non facciamo che la mediocrità delle istituzioni scolastiche, le inefficienze del mercato nell’attribuire valore economico alla conoscenza, le storture della società umana nel riconoscere pienamente i ruoli sociali che costituiscono le sue stesse fondamenta ci facciano perdere il gusto della conoscenza. Non facciamo che queste mediocrità, inefficienze e storture impoveriscano le nostre stesse esistenze, facendoci dimenticare che senza conoscenza non c’è azione. Forse, se nelle nostre esperienza e pratica ci accollassimo tutti un po’ di fatica della conoscenza, diventando in qualche modo attori e al contempo spettatori più consapevoli di fronte allo spettacolo della conoscenza, sarebbe più facile superare questi ostacoli, alleggerire la zavorra dell’ignoranza e liberare le nostre potenzialità.