La drammatica vicenda dell’invasione russa in Ucraina ci apre gli occhi sulla consapevolezza che, per quanto deboli, per quanto imperfette, le democrazie occidentali sono ancora luoghi in cui si possono coltivare valori come la libertà in tutte le sue forme, in particolare la libertà di espressione, e il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo. Il problema più rilevante da gestire, per le deboli democrazie, è questo: difendere la democrazia.

In realtà, questa si direbbe un’impresa niente affatto semplice, e paradossalmente proprio da parte dei cittadini delle democrazie occidentali, quegli stessi che dovrebbero difendere con le unghie e con i denti l’attuale situazione di pace e di libertà, soprattutto di opinione, ottenuta al prezzo del sangue di milioni di individui nella seconda guerra mondiale. A seguire il dibattito generato dalla guerra in Ucraina, sembra invece sempre più emergente una linea di pensiero che apparentemente non riconosce la differenza tra democrazia e dittatura, che vorrebbe vedere l’Ucraina arrendersi per raggiungere una “pace a tutti i costi”, soccombere a un’autocrazia, abbandonare la democrazia e tornare in uno stato di sottomissione. Molti mettono sullo stesso piano chi viola uno spazio territoriale di un’altra nazione e chi si difende, per criticare aspramente il sostegno dei paesi occidentali a favore dell’Ucraina. Argomento ricorrente è il fatto che l’Occidente non ha mostrato lo stesso sdegno in occasioni di precedenti guerre di aggressione, e che occorrerebbe riconoscere le motivazioni dell’aggressore per capire la profonda “complessità” di questo conflitto.

Sembra quasi che il valore della democrazia passi in secondo piano rispetto a quello della pace; o forse è la egoistica comodità del nostro quieto vivere quotidiano che viene turbata? Pace vera o pace ipocrita?

Una domanda sorge a questo punto spontanea: qual è il peso della democrazia nel sistema di valori della nostra società? Quanta consapevolezza esiste, tra i cittadini occidentali, della reale differenza tra democrazia e dittatura?

Avviluppato su sé stesso, prigioniero del “politicamente corretto” e della “cancel culture”, flagellato dal complottismo imperante, l’Occidente pare aver perso la capacità di pensiero critico, il rispetto per la pluralità di opinioni che è uno dei principali segni di quella libertà che solo una democrazia può garantire.

Uno scenario che inevitabilmente esprime crisi e debolezza, che le autocrazie presenti nel mondo colgono invece in maniera chiara, e mai come in questo momento cercano di far leva su tale debolezza per accelerare il processo di crisi, per eliminare definitivamente il pensiero liberale e imporre il proprio modello, non solo economico e sociale, ma anche politico.

Quello che emerge, con sempre maggiore chiarezza, è la necessità di giungere ad una piena comprensione di cosa vuol dire democrazia e dei suoi principi fondamentali: non soltanto un insieme di caratteristiche formali quali il momento delle elezioni, che caratterizza in alcuni casi anche le autocrazie, sebbene di facciata e spesso plebiscitarie, o una certa libertà di stampa, molto spesso condizionata, o la presenza di organismi istituzionali, che hanno però scarsa rilevanza. Della democrazia occorre comprendere soprattutto l’aspetto sostanziale, che presuppone il rispetto dei diritti umani, il rispetto della pluralità dei valori e delle regole di convivenza, nella libera espressione delle proprie opinioni, la presenza di una cultura politica che contribuisce alla prosperità dei principi democratici.