La questione dell’informazione nel mondo occidentale è ormai di primaria importanza per testare la salute del livello del dibattito democratico.

Ma in cosa consiste la questione dell’informazione? In realtà ci sono diverse“informazioni”: informazione nuda e cruda; informazione adattata alle linee editoriali, espressione di diversi gruppi sociali; informazioni parziali e talvolta tendenziose; fake news.

Il regno delle fake news è quello dei social. Teniamo presente però che i social sono spazi in cui non ci sono regole di condotta; e non ci sono regole di condotta in quanto sono spazi che non hanno una funzione informativa. In sintesi non c’è un direttore editoriale, non c’è un codice deontologico, come ad esempio l’onere della verifica delle fonti, la distinzione tra verità fattuale e opinioni, la non discriminazione etnica e sociale, il rispetto delle minoranze, il rispetto dei minori, la rilevanza pubblica dell’informazione. In sostanza ognuno può dire quello che vuole, senza alcuna valenza informativa, non essendoci regole che la garantiscano; il  costo dell’informazione dovrebbe essere un indicatore della presenza delle regole a garanzia della stessa. Di fatto invece ai social viene attribuita una funzione informativa (gratuita) anche più autorevole rispetto a quella degli organi di informazione “ufficiali”: da quando l’autorevolezza di tali organi è stata messa in discussione c’è stata una rincorsa smaniosa all’informazione fai da te, raccattata un po’ qua e un po’ là in rete o in disinvolti programmi televisivi, rissosi e urlati, il cui scopo molto spesso non è informare lo spettatore ma conquistarlo per accrescere lo share della trasmissione. Altrettanto accade in equivoci siti internet e blog personali che spacciano la propria informazione come verità assoluta, mal celando invece il vero obiettivo di conquistare like, quindi apprezzamento che consente maggiori introiti pubblicitari.

Parlando invece dell’informazione, non “fake”, occorre fare alcune riflessioni.

In nome del principio del dibattito plurale e democratico molti conduttori televisivi e direttori di testata interpretano la possibilità che tutti dovrebbero avere di potersi esprimere creando spazi in cui una pletora di opinionisti, sedicenti esperti di qualsiasi cosa, opinion leader autoproclamatisi, audaci accademici e giornalisti alla ricerca di celebrità, e non sempre in possesso di conoscenza e competenza, una variegata pluralità di personaggi in cerca d’autore invadono il piccolo schermo e infestano la nostra quotidianità. Una babele di voci che non informa ma depista e frastorna l’opinione pubblica.

La facoltà di esprimere la propria opinione sui fatti del mondo, la propria posizione politica, il proprio credo filosofico o religioso, su un dato fenomeno sociale, dovrebbe ormai essere diritto acquisito della democrazia dell’informazione. Tuttavia sfocia molto spesso in toni partigiani, in scontro tra posizioni contrapposte dove gli interlocutori non cercano un confronto democratico e un dialogo pacato, ma ognuno tenta di addomesticare la realtà ad libitum per avvalorare la propria opinione sul mondo, presentandola quindi come verità assoluta. In questo modo si sacrifica il diritto e dovere alla sana informazione, intesa come strumento funzionale alla dinamica democratica, in nome di una malintesa pluralità di espressione. La sana informazione va invece difesa, e va difeso anche il sano diritto e dovere alla libertà di pensiero e di parola; cosa ben diversa dal dare fiato alla bocca in modo scomposto, illogico e raffazzonato, carico di emotività e conflittualità.

Nonostante questo clima di tendenziale degrado del dibattito pubblico, esiste qualche eccezione degna di nota, qualcuno che fa un lavoro rispettoso di questi importanti diritti che sono il fondamento della democrazia. Purtroppo il lodevole tentativo della ricerca, della fatica e dell’impegno del pensiero critico fallisce laddove prevale il fanatismo, che alimenta il livello di scontro verbale, e acuisce l’intolleranza verso chi la pensa diversamente.

La spettacolarizzazione dello scontro concorre a plasmare le modalità di interazione dei lettori e degli ascoltatori più influenzabili, che ripropongono modalità di prevaricazione nel confronto con gli altri. Negli ascoltatori più consapevoli invece accresce la sfiducia negli organi di informazione, considerati colpevoli di propagandare esclusivamente ciò che fa comodo a una determinata fazione politica o ideologica.

Nonostante questo, spesso gli autori dei programmi si applicano nell’inscenare lo scontro, che viene allestito con il preciso scopo di ricercare lo share della trasmissione di turno: l’informazione e il confronto dialettico di opinioni, atti a formare il pensiero critico, diventano un aspetto del tutto secondario, non più l’obiettivo principale dei programmi; prevale una forma di guerra parlata, senza armi fisiche ma non meno violenta. Manca una vera e propria cultura del dialogo democratico e la capacità di esprimere le differenti posizioni senza l’uso di violenza e prevaricazione, ma con la forza dell’argomentazione delle idee e dei contenuti.

Ma che cos’è la corretta informazione? È l’informazione proveniente da fonti verificate e certe, la chiara separazione tra la notizia e l’interpretazione della stessa che invece esprime spesso un’opinione, lo sforzo di rendere la realtà dei fatti nel modo meno distorto possibile, con la consapevolezza che la completezza dell’informazione è difficile da raggiungere. La realtà è complessa, e la capacità di gestire tale complessità nelle sue molteplici sfaccettature richiede l’esercizio di una qualche forma di pensiero critico.

Sono questi alcuni aspetti che delineano la distinzione tra l’informazione dell’opinione pubblica e la disinformazione, che è uno dei problemi centrali della democrazia. La libera espressione delle proprie opinioni è infatti alimentata dalla corretta informazione. Per questo sarebbe opportuno valorizzare nel dibattito la conoscenza e la competenza, studiare e informarsi mantenendo il senso critico sui fatti del mondo e sulla realtà sociale. I regimi democratici hanno bisogno di informazione sana e di pluralità di voci, ma senza distorcere la verità fattuale: questo significa che i cittadini hanno non solo il diritto ma anche il dovere di informarsi, per alimentare il clima di fiducia che in una società democratica rappresenta un collante sociale fondamentale.