È purtroppo evidente che in questi tempi tormentati si è insinuato, a rendere più difficili le relazioni sociali e collettive, un sentimento, o sarebbe meglio dire un fenomeno che colpisce con forza una società che, con tutta evidenza, si sta disgregando: una sempre più manifesta perdita di fiducia, nelle istituzioni, nella scienza e nella conoscenza, in sostanza nel futuro. Ma questa fiducia oggi così palesemente assente ha mai permeato il nostro contesto sociale?

Forse per via delle drammatiche difficoltà “pandemiche” degli ultimi due anni, si sta evidenziando in parte dei cittadini la mancanza di fiducia nelle istituzioni, sia che si parli del governo italiano, che dell’Europa o addirittura del mondo. Se ci si vuole limitare a parlare della pandemia da coronavirus, assistere allo spettacolo poco edificante del furioso dibattito sui vaccini, sui cosiddetti “limiti” alla libertà individuale e presunte discriminazioni fornisce una prima misura della sfiducia serpeggiante, che forse però è solo paura, di ciò che non si conosce, delle mille incognite che ancora caratterizzano le ricerche sulla pandemia.

Molti sono portati a pensare che no vax, complottisti e negazionisti siano persone “ignoranti”, ma è davvero solo una questione di ignoranza? O piuttosto di paura e di sfiducia? Anche personaggi pubblici, opinion leader, persone con un certo livello culturale, studiosi (pur se non esperti sul tema), ma talvolta anche medici dimostrano di non avere fiducia nelle soluzioni proposte dalla politica, se non addirittura nei dati della ricerca scientifica. Certo, una buona dose di individualismo che permea la società, e che impedisce di vedere le conseguenze sociali delle scelte individuali fa di sicuro il suo lavoro. Tuttavia, anche la mancanza di fiducia incide nel momento in cui ciascuno deve stabilire se conformarsi o meno alle indicazioni e alle regole, ingenerando il dubbio che la propria condotta possa contribuire a salvare la propria vita e quella altrui. Tra l’altro una certa informazione, dettata dalla voglia di apparire piuttosto che di informare seriamente, contribuisce ad alimentare un clima di confusione, dubbio, sfiducia e paura. Come pure le regole che cambiano di continuo, per seguire l’evoluzione della situazione: di per sé sarebbero un’ovvia conseguenza della necessità di difendersi adeguatamente dalle conseguenze del virus, ma in realtà vengono percepite per lo più come segno di incoerenza, contraddizione e confusione da parte delle istituzioni, che perdono in tal modo di credibilità.

Ma la mancanza di fiducia nelle istituzioni era già visibile ben prima del complesso momento storico che stiamo vivendo: sono chiari esempi di forte disagio l’antipolitica che si esprime nel crescente astensionismo dei cittadini dalle votazioni, l’antieuropeismo diffuso, le difficoltà dei sistemi democratici nel mondo occidentale, fino a giungere alle accuse di complottismo.

A questa si lega a filo doppio la mancanza di fiducia nella scienza, come anche nella conoscenza. La società non è sempre pronta a recepire i risultati della ricerca scientifica (non solo sul virus ma anche su altri temi); è difficile per molti capire che la scienza ha bisogno dei suoi tempi e non sempre può dare soluzioni nel breve periodo, e questo spesso delude le aspettative di chi vorrebbe certezze immediate. La frustrazione per le aspettative (irragionevoli) deluse può generare scetticismo e diffidenza piuttosto che ascolto e rispetto per la comunità scientifica. Spesso però dietro questo scetticismo si nasconde un atteggiamento di sospetto nei confronti di chi definisce gli obiettivi per raggiungere i quali la scienza viene utilizzata (e quindi sospetto nei confronti degli stessi obiettivi). Ma senza condivisione degli obiettivi non può esserci fiducia.

Anche nel campo della conoscenza le aspettative e la fiducia dei cittadini sono decisamente ridotte: la formazione in Italia non è vista come un investimento sul futuro. Dovrebbero essere letti in questa prospettiva anche i dati Istat, da cui si evince che solo il 20,1% della popolazione (di 25-64 anni) possiede una laurea contro il 32,8% nell’UE, e per quanto riguarda i più giovani il fenomeno dell’abbandono scolastico è pari a circa il 13% nel 2020, di gran lunga tra i più alti dell’UE, la cui media è il 10%. Questa è anche un’indicazione dell’assenza di impegno sorretto da un contesto sociale di tipo meritocratico.

Siamo un paese che giorno dopo giorno perde il futuro. Un paese sfiduciato non si impegna “perché tanto non cambia nulla”; non è coeso nel trovare e raggiungere obiettivi collettivi comuni, perché ancora tutto sommato ammira i furbi, ma non le persone responsabili che si impegnano per cambiare e migliorare; allontana i giovani che se ne vanno per mancanza di lavoro e opportunità di crescita. La società si degrada, non c’è più sviluppo.

A volte è comprensibile che la fiducia venga a mancare. Questo vale soprattutto quando ci si riferisce alla fiducia come a quel sentimento che riponiamo in chi, in qualche modo, ci accontenta, risponde alle nostre aspettative; ma basta poco perché si infranga, soprattutto quando nonostante si seguano le regole, e il percorso che dovrebbe portare all’obiettivo, quest’ultimo non viene raggiunto.

Forse il motivo della sua fragilità sta proprio nel fatto che troppo spesso la releghiamo al mero rango di sentimento, la circoscriviamo alla sfera dell’emotività. Ma in una società che vuole crescere e progredire la fiducia non può essere solo un sentimento, bensì deve essere un atteggiamento positivo che permea il vivere comune e va coltivato. E questo significa condividere obiettivi collettivi e valori (preferibilmente compatibili con la conoscenza scientifica). Significa cooperare per ottenere i risultati prefissi, pur nel rispetto delle differenti posizioni e opinioni tipiche di una civile dinamica democratica.

Se una società sviluppa una cultura della fiducia, anche le esperienze negative, confuse o non perfette, o anche qualche errore (dal quale c’è sempre qualcosa da imparare), contribuiscono alla sua crescita, perché tutte le esperienze si affrontano nella consapevolezza che sono comunque tappe di un percorso per raggiungere gli obiettivi condivisi.

E se coltiviamo la fiducia, coltiviamo capitale sociale: la società migliora e si arricchisce con l’azione coordinata di individui che danno e ricevono fiducia (e con fiducia).